Tachicardia: quando si manifesta, cause, complicazioni e trattamenti

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22/01/2018

La tachicardia si manifesta quando la frequenza cardiaca, in assenza di sforzo, supera i parametri considerati normali: indicativamente, si parla di tachicardia quando in un adulto oltrepassa i 100 battiti al minuto.

Le contrazioni del muscolo cardiaco sono regolate da una serie di impulsi elettrici che seguono un ciclo perfettamente ripartito e può accadere che, per diverse ragioni, la naturale sincronia venga a mancare, provocando una frequenza troppo elevata o, al contrario, troppo lenta: in quest’ultimo caso si parla di bradicardia, e generalmente non si tratta di una condizione patologica.

Al contrario, la tachicardia è spesso un sintomo legata a patologie o disturbi più complessi e, anche quando non viene compromessa alcuna funzione dell’organismo, potrebbe comportare il rischio di arresto cardiaco o di ictus.

I problemi connessi ad una frequenza cardiaca troppo alta

La tachicardia comporta una serie di squilibri nel sistema cardio circolatorio: gli organi vengono ossigenati in maniera insufficiente e il cuore stesso, ritrovandosi nelle condizioni di un muscolo sotto sforzo, richiede una maggiore ossigenazione, che potrebbe essere ulteriormente compromessa dalla presenza di ostruzioni e placche aterosclerotiche sulle arterie.

I caratteristici sintomi della tachicardia sono palpitazioni, difficoltà respiratoria, dolore toracico, vertigini, talvolta anche svenimenti, tuttavia, non è raro sia completamente asintomatica.

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La frequenza cardiaca e le sue alterazioni

Nell’atrio destro del cuore si trova i un’area preposta a regolare la frequenza cardiaca, con una velocità variabile da persona a persona, in relazione all’età e alle caratteristiche fisiche, dai 60 ai 100 battiti al minuto.


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I segnali emessi provocano la contrazione atriale che permette il flusso del sangue nei ventricoli, lo stimolo elettrico si trasmette successivamente al nodo atrioventricolare e alle cellule di His, provocando la contrazione dei ventricoli e il conseguente passaggio del sangue ai polmoni e all’intero organismo.

Quando uno di questi componenti si altera, per motivi genetici, patologici o indotti, possono verificarsi sia la tachicardia che forme di aritmia diverse per gravità e percezione. Le definizioni della tachicardia da parte dei medici specialisti variano in relazione alle anomalie del tracciato elettrocardiografico, talvolta l’alterazione riguarda solo la frequenza, in altri casi si presenta anche l’alterazione del ritmo.

Le cause della tachicardia

La sincronia elettrica del cuore può alterarsi per motivi di diversa natura, dall’assunzione di farmaci, all’uso di alcolici, sigarette, caffè e sostanze stupefacenti, alle situazioni di ansia e di stress, alla febbre, a patologie più o meno gravi.

Anemia e disfunzioni tiroidee possono facilmente provocare la tachicardia, così come difetti congeniti del muscolo cardiaco, ipertensione, ma anche l’assunzione di alcuni farmaci.

In assenza di patologie e disturbi, o di altre condizioni che potrebbero favorire l’accelerazione della frequenza cardiaca, la tachicardia si manifesta dopo un’attività fisica o un’emozione, anche di lieve entità.

Come avviene la diagnosi

Di solito un medico si rende conto di una situazione di frequenza o ritmo cardiaco alterati visitando il paziente. Con un elettrocardiogramma, a riposo, sotto sforzo o dinamico (ovvero effettuato per un periodo di più ore con un dispositivo portatile), è possibile individuare con precisione la tipologia dell’alterazione cardiaca in corso.

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Attraverso le analisi del sangue, il medico riesce inoltre a valutare le condizioni fisiche del paziente e a riscontrare eventuali patologie che provocano l’alterazione cardiaca. In alcuni casi non viene percepito alcun sintomo, per quanto il ritmo sia imperfetto e la velocità molto elevata.


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Terapie e trattamenti per la tachicardia e le aritmie cardiache

A volte, ma non sempre, è opportuno intervenire con farmaci e trattamenti particolari perché il ritmo cardiaco e la frequenza rientrino nei valori normali. Talvolta vengono eseguite manovre manuali: la manovra di Valsava (espirazione forzata con glottide chiusa), i massaggi della carotide e la compressione degli occhi o l’applicazione di ghiaccio sul viso. Si tratta di interventi che richiedono la presenza di un medico o di un cardiologo, poiché potrebbero comportare seri danni.

Nei casi di recidiva, o nelle situazioni che richiedono un trattamento mirato, il cardiologo prescrive farmaci specifici antiaritmici, la cui funzione è quella di regolare il ritmo cardiaco, oltre a betabloccanti e calcio antagonisti.

Episodi di fibrillazione atriale possono essere riportati alla normalità con la cardioversione elettrica, mentre il defibrillatore è utilizzato nelle situazioni più gravi, quando è in corso una minaccia di arresto cardiaco. In alternativa, ad alcuni pazienti viene impiantato un defibrillatore o un cardioverter interno, che interviene non appena la frequenza si altera in una modalità che può essere pericolosa.

In alcune situazioni viene eseguita l’ablazione cardiaca, un piccolo intervento non invasivo che consiste nel “distruggere” le cellule cardiache responsabili della fibrillazione, utilizzando la radiofrequenza.

I farmaci più noti per il trattamento della tachicardia

Quando la tachicardia e l’alterazione del ritmo sono percepiti dal paziente e potrebbero provocare serie conseguenze, non si risolvendosi con la manovre manuali richiedono una terapia farmacologica mirata. I farmaci utilizzati per trattare questo disturbo sono principalmente antiaritmici, calcio antagonisti e betabloccanti.

Gli antiaritmici  (in prevalenza propafenone, amiodarone, lidocaina, adenosine e mexiletina) svolgono una funzione di regolarizzazione del ritmo cardiaco, correggendo le situazioni di aritmia e fibrillazione. I betabloccanti (metoprololo, esmololo e nadololo) e i calcio antagonisti (diltiazem e verapamil) vengono normalmente prescritti per trattare l’ipertensione arteriosa, ma sono spesso efficaci anche per prevenire le recidive di tachicardia.

Trattandosi di farmaci che agiscono sulle funzioni cardiache e circolatorie, devono essere assunti attenendosi rigorosamente alle indicazioni e alle dosi prescritte dal medico, che provvederà inoltre a variare periodicamente la posologia in relazione alle necessità e allo stato di salute del paziente.

La stimolazione vagale per trattare la tachicardia

Non è raro che un episodio di tachicardia si interrompa attraverso l’aumento del tono vagale, che provoca un rallentamento della frequenza cardiaca. Il nervo vago interessa gran parte dell’organismo, in particolare l’apparato cardiocircolatorio, respiratorio e digerente, e controlla, tra le altre funzioni, anche la frequenza dei battiti del cuore.

La stimolazione del nervo vago di destra riesce a rallentare il ritmo sinusale, interrompendo l’episodio tachicardico: tale effetto può essere ottenuto manualmente, o con la somministrazione di farmaci specifici.

Sostanzialmente, la stimolazione vagale consiste nel mantenere un respiro il più a lungo possibile: la manovra di Valsava, costituita da un’espirazione forzata mantenendo naso e bocca chiusi, provoca una sorta di “apnea” che può contribuire ad abbassare il ritmo cardiaco.

Altre manovre utili sono la compressione oculare e il massaggio della carotide. I risultati ottenuti, o non ottenuti, sono di aiuto al medico per diagnosticare con precisione il problema. Trattandosi di manovre complesse, che potrebbero provocare danni, è sempre necessario che ad effettuarle sia un medico esperto o un cardiologo.



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